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Gaetano Benčić

 

La Valle del Quieto

 

Monografia

 

 

 

Circolo di cultura istro-veneta “Istria”

 

2006

 

126

 

 

RECENSIONE

“Vi racconto il mio Quieto. Quello che mi piace di questo fiume intorno al quale non mi stanco mai di passeggiare.” Sta tutta qui la filosofia di una vita e di una ricerca. “Il mio Quieto”, non quello degli altri, non quello che non si nota. Non quello che viene devastato o sfruttato. Non quello che non si vede. Ma quello che esso è, che deve e che dovrebbe essere. Quello che esso dovrebbe significare, e ciò che dovrebbe essere salvaguardato. Gaetano Benčić conosce a memoria il Quieto e la sua valle, passo per passo, pietra per pietra. Qui egli è nato, alla sua foce s’immergeva come il fiume nelle acque adriatiche. Un fiume, il suo paesaggio, ed uno studioso, che l’ha studiato a fondo, più d’ogni altro.

Seguendo questo percorso, pacato, come il decorso fluviale, è venuto fuori un libro in cui la fantasia di chi lo legge e percorre il fiume a volte si distanzia dalla realtà e dall’obiettività geografica e ambientale del presente, portando alla contemplazione ed all’esternazione degli stati d’animo interni all’essere umano che, liberi da qualsiasi peso, mentre osservano il fiume si esternano con il paesaggio geografico, dando ad esso forma con la parola e con la narrazione. Ed è questo che fa Benčić con questo volume, raccontando il suo Quieto, ciò che egli vede e vuole vedere, il modo in cui lo vive. Per cui giustamente avverte il lettore a non aspettarsi dal volume un qualche cosa che non s’addice alla sua metodologia narrativa ed alla metodica della sua indagine: “Studiosi ed esperti non adiratevi quando leggerete questo libretto. Turisti non cercatevi una guida”. Questa è una storia, una geografia del paesaggio e delle civiltà che l’hanno contraddistinto. Come un novello Kandler, lo studioso s’è addentrato nella descrizione storica del suo paesaggio, delle sue testimonianze orali, scritte e materiali. Sulla scia del D’Ambrosi ne ha dato un’articolata e minuta descrizione strutturale.

Ricostruire la storia di un fiume, della sua valle e delle sue civiltà non è cosa facile. Lo hanno provato in tanti nel passato, e tra le descrizioni e le ricerche fatte, spiccano certamente quelle di Pietro Kandler, che riscoprono l’importanza che il fiume aveva nelle epoche preistoriche ed in età romana. Non è un caso se qui si svilupparono alcuni tra i più importanti castellieri istriani. Non è un caso se qui si svilupparono tutta una serie di importanti località, alcune scomparse, altre trasformatesi e tuttora in continuo sviluppo. Non è un caso se nelle sue vicinanze si svilupparono importanti signorie feudali, sia laiche sia ecclesiastiche, o comunali, o importanti castelli.

Gaetano Benčić ci guida alla scoperta di questo paesaggio, dalla sorgente del fiume, nell’Istria centrale, lungo il suo alto e medio corso, per giungere alla sua foce, l’Antenal, dopo aver imbarcato l’acqua dei suoi diversi affluenti, incontrato numerosi centri abitati ricchi di storia e di cultura, attraversando l’Istria pedemontana e collinare, con le sue vallate, i suoi terrazzamenti, le sue amene collinette e le distese pianeggianti incontrando civiltà, lingue e parlate diverse. Alcune scomparse, altre succedutesi o evolutesi. Incontrando un paesaggio dal carattere agrario, in continua evoluzione, oggi ecologicamente depauperato, un po’ meno nella sua parte centrale, dove la tradizione è portata avanti dalle giovani generazioni, decise a ritornare alle origini, arroccandosi dietro gli impianti tradizionali dell’agricoltura istriana e del suo paesaggio: vite ed ulivo.

Gaetano Benčić, con l’aiuto delle scarne testimonianze a disposizione, ci spiega il passato ed il presente di questo paesaggio, delle civiltà che l’hanno abitato, delle culture che lo hanno caratterizzato, della ricchezza che questo ambiente ha significato, rappresenta, e dovrebbe rappresentare. Guardando anche al futuro: “Il Quieto diventi metafora di dialogo, diventi limes, linea di demarcazione flessibile e permeabile che non compromette i contorni delle varie identità linguistiche e culturali, che sono la ricchezza dell’Istria. Diventi finalmente questa piccola terra un grande parco della concordia, dell’alleanza”. Che è uno degli impegni che il Circolo “Istria” sta portando avanti fin dalla sua fondazione.

“Inizino i giovani, che non sono figli di bandiere colorate, a scrivere la pagina del domani, coltivino tutta l’eredità, anche quella triste, perché un domani, sicuramente irto di dure prove, sprofondino nel fango coloro che seminano la discordia, l’ingiustizia, e risorga il paesaggio della fratellanza, della concordia”. Che è un impegno civile che oggi molti stanno portando avanti, e che la storia, maestra di vita, dovrebbe perseguire. Con un appello: “Per favore, non resti solo parola scritta, non diventi vuota retorica”.

Dopo l’Invito naturalistico alla Valle del fiume Quieto e alla foresta di Montona, edito dall’IRCI nel 1996, e l’importante Dolina Mirne u Antici (La Valle del Quieto nell’Antichità) di Ivan Milotić, scritto pochi anni fa, ecco ancora un altro notevole contributo volto alla conoscenza storica di un fiume e di una vallata, culla della civiltà istriana.

Denis Visintin

   

 

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Studia Iustinopolitana

a. I, nro. 1